L’accordo siglato il 26 giugno 2018 tra il MIUR e i sindacati firmatari del contratto nazionale
L’accordo prevede che gli insegnanti che per l’a.s. 2018/19 hanno ottenuto il trasferimento su ambito territoriale, possano effettuare il passaggio da ambito a scuola senza passare attraverso la chiamata diretta dei presidi, ma sulla base dei punteggi utilizzati per i trasferimenti, ferme restando le precedenze di cui all’art. 13 del CCNL Mobilità. La procedura riguarderà, con le stesse modalità, anche i docenti che saranno assunti in ruolo a partire dal 1° settembre 2018.
L’accordo precisa che gli insegnanti, sia coloro che sono stati trasferiti per l’a.s. 2018/19, sia coloro che sono stati assunti o trasferiti in anni precedenti e hanno la titolarità su ambito territoriale, con contratto triennale, continuano a mantenere tale titolarità e non diventano titolari nella scuola di attuale servizio. La graduatoria interna di istituto comunque è unica e comprende sia i docenti titolari di scuola che i docenti titolari di ambito: l’individuazione del docente eventualmente soprannumerario avviene dunque sempre per punteggio, e non per titolarità.
L’unica differenza tra insegnanti titolari su scuola e titolari su ambito territoriale consiste nel fatto che il titolare di scuola rimarrà nella stessa, sino a quando non deciderà di chiedere il trasferimento o ci sarà contrazione d’organico, mentre chi è titolare su ambito avrà un incarico triennale che si rinnova allo scadere dei tre anni, posto che non cambi il PTOF della scuola, ossia le esigenze per le quali è stato richiesto il posto/cattedra.
L’accordo segna il ritorno allo status quo ante legge 107: saranno i docenti, sulla base del loro punteggio, a scegliere la scuola, e non i presidi delle scuole a ‘chiamarli’ sulla base delle esigenze e delle priorità delle scuole indicate nei PTOF. Secondo Giannelli, presidente dell’ANP, il ritorno a graduatorie e punteggi “crea danno all’utenza” ma “potrebbe fare comodo anche ai presidi che hanno un obbligo in meno”. Tanto è vero, si potrebbe aggiungere, che molti di essi non hanno effettuato alcuna chiamata.
Ma la caduta della norma simbolo della Buona Scuola renziana è davvero nell’interesse della scuola? Non tutti sono d’accordo, come mostriamo nella notizia successiva.
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Share on Social Media x facebook pinterest email “La dispersione scolastica è classista: a scuola non vanno i figli di poveri, degli immigrati, quei ragazzi che hanno meno cultura in famiglia, che non respirano quel clima, ed è più alta negli istituti professionali, rispetto ai licei: l’Italia non può non porsi questo tema”.