28 Gennaio 2019
Altri 50mila insegnanti pronti a uscire dalla scuola
La scuola si candida a essere il primo banco di prova per l’impatto di “quota 100” sugli statali
di Eugenio Bruno e Claudio Tucci
La riapertura dei termini di pensionamento potrà consentire ai docenti e agli assistenti tecnico-amministrativi di presentare domanda entro il 28 febbraio per uscire con 62 anni di età e 38 di contributi, il rischio di trovarsi dinanzi a una fuga di massa dalle aule appare sempre più concreto.
Al punto che potrebbero essere interessati – secondo stime sindacali – 50/60mila docenti. Che si aggiungerebbero ai 27mila (tra insegnanti e Ata) che hanno già utilizzato la finestra ordinaria (entro il 12 dicembre) sulla base dei requisiti validi fino al 2018.
A disciplinare termini e modalità della riapertura dei pensionamenti nella scuola sarà una circolare congiunta del ministero dell’Istruzione e dell’Inps. L’istituto nazionale di previdenza ha già preallertato le strutture territoriali in vista della mole di pratiche che si troveranno con tutta probabilità a gestire sin dalle prossime settimane.
A prevedere “un finestra” ad hoc per il settore scuola è il decreto che ha introdotto reddito e pensione di cittadinanza e, appunto, quota 100. Agli articoli 14 e 15 il Dl prevede, appunto, che il personale scolastico e Afam a tempo indeterminato possa presentare, entro il 28 febbraio 2019, istanza di cessazione dal servizio «con effetti dall’inizio rispettivamente dell’anno scolastico o accademico (per Afam, ndr)» (vale a dire, nel caso degli insegnanti, con uscita al 1° settembre 2019).
Per usufruire del pensionamento anticipato con quota 100 bisognerà che gli interessati posseggano i requisiti (62 anni e 38 di contributi) al momento dell’entrata in vigore del decreto (così almeno è scritto nel provvedimento).
La circolare Miur-Inps dovrà soprattutto illustrare la procedura da seguire: è molto probabile che il carico di lavoro supplementare gravi quasi per intero sulle segreterie scolastiche (con l’organico già ridotto ai minimi termini), che saranno infatti chiamate, in particolare, a verificare il possesso dei requisiti, gli eventuali servizi dichiarati, e a procedere alla ricostruzione di carriera (per i periodi in cattedra da “supplente”).
Il tema lo hanno ben presente anche i sindacati. «Abbiamo chiesto al Miur un confronto urgente – sottolinea il numero uno della Uil Scuola, Pino Turi -. La sensazione è che si stia sottovalutando il problema. Il rischio, molto concreto, è quello di iniziare il nuovo anno con un esercito di precari in cattedra».
Certo, il numero preciso di uscite aggiuntive con quota 100 andrà valutato anche alla luce dei due disincentivi legati alla nuova procedura: un assegno più basso, in media del 15%-20%, per via della minore anzianità contributiva; e la liquidazione del Tfs che avverrà, subito, solo in parte, fino cioè a 30mila euro (e attraverso un prestito bancario, seppur incentivato).
Il tema è delicato. Soprattutto alle superiori, dove, a oggi, non sono all’ordine del giorno selezioni a cattedra per tamponare le uscite (e comunque, i tempi sarebbero troppo brevi per avere nuovi docenti in ruolo già a settembre).
Fonte dell’articolo: Il Sole 24 Ore

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