Notizie e comunicati

7 Febbraio 2019

«Contro le bocciature: dividiamo gli studenti per materie e non per classi»

La proposta del Gruppo di Firenze ispirata al modello finlandese: «Così si potrà ripetere l’anno in italiano ma andare avanti in matematica o viceversa»

Basta con la classe vissuta come un moloch dove tutti fanno le stesse cose nello stesso momento indipendentemente dai loro bisogni reali. Col risultato che se uno studente è rimasto indietro in alcune materie o viene bocciato e deve ripetere l’anno punto e basta oppure, pur di evitare la bocciatura, i docenti decidono di promuoverlo abbonandogli alcune insufficienze anche se così non recupererà mai il suo ritardo. D’ora in poi le scuole superiori dovranno essere divise non per classi ma per corsi disciplinari, in modo che alla fine dell’anno non si passi più dalla prima alla seconda ma dal primo al secondo corso di italiano, matematica ecc.

Proprio come avviene già in Finlandia. Se sei preparato vai avanti, altrimenti ripeti l’anno ma solo nella materia in cui sei insufficiente. E’ questa la proposta lanciata dagli agguerriti professori che si raccolgono attorno al Gruppo di Firenze, che in passato si è già segnalato per altre iniziative che hanno ottenuto una grande eco mediatica, come la famosa lettera sottoscritta da 600 prof universitari in cui si denunciavano gli errori ortografici da terza elementare nelle tesi di laurea. Qui di seguito pubblichiamo il testo della proposta «per una scuola più efficace, più equa e più credibile» firmata dal Gruppo di Firenze. Chi volesse esprimere il proprio parere può scrivere all’email gruppodifirenze@libero.it

Attualmente la scuola italiana, come nella maggioranza dei paesi europei, è interamente basata sul succedersi delle classi, a cui si viene ammessi avendo almeno la sufficienza in tutte le materie. È un’organizzazione nel complesso adeguata per il primo ciclo. Nelle superiori, però, la ripetenza viene sempre più sentita come un sistema che non garantisce la serietà degli studi e di conseguenza una buona preparazione degli studenti. Infatti, se a fine anno vengono “abbonate” più materie (come spesso succede) per evitare la bocciatura, percepita da molti docenti come un provvedimento draconiano, lo studente si porta dietro lacune non colmate. Se invece lo studente non viene promosso, avrà la possibilità di colmare quelle lacune, però al prezzo di ripetere anche le materie in cui aveva avuto risultati positivi, con il concreto rischio che prevalgano sfiducia e demotivazione. 
Proponiamo quindi per le scuole superiori una nuova organizzazione basata su corsi disciplinari anziché sulla successione delle classi, intese come livelli da superare. Come accade nelle scuole superiori finlandesi, non si passerebbe più dalla prima classe alla seconda e così via, ma dal primo al secondo corso di italiano, dal primo al secondo di matematica e via dicendo. Si potrà quindi bocciare solo nelle materie insufficienti e ripetere soltanto quelle, continuando però a frequentare gli altri corsi con lo stesso gruppo classe, che rimane un riferimento importante per gli adolescenti. Al termine di ogni corso, un esame accerta la preparazione del candidato. Se l’allievo non lo supera, si potrà consentire di sostenerlo nuovamente dopo qualche tempo, come succede nella scuola finlandese; in caso di ulteriore insuccesso, dovrà seguire di nuovo il corso. 
Non entriamo volutamente in questa sede in questioni pur importanti come la durata dei corsi, la possibilità che alcuni siano opzionali, la presenza di figure di “tutor” che seguano l’andamento complessivo dei ragazzi e così via. Si tratta naturalmente di un cambiamento che richiede una preparazione approfondita, anche mediante una fase di sperimentazione in un certo numero di istituti. Siamo però convinti che questa scelta, con cui verrebbe superato l’annoso dibattito bocciatura sì / bocciatura no, avrebbe numerose conseguenze positive: sarebbe certamente un modo molto efficace di combattere l’abbandono scolastico, la verifica degli apprendimenti acquisterebbe maggiore credibilità e si darebbero agli studenti più autonomia e responsabilità nel proprio percorso scolastico.

Fonte dell’articolo: Corriere.it

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