1 Ottobre 2019
Dl scuola, Conte II al primo test

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2 April 2019
I sindacati chiedono il rispetto dell’intesa con il Conte I
Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi
L’indicazione giunta al Miur è di non far trapelare nulla. Sono ore nervose quelle che precedono l’incontro in calendario per oggi a viale Trastevere tra i vertici del ministero e i sindacati, l’ennesimo round sul nuovo decreto scuola e università, dopo quello finito senza vincitori e vinti la scorsa settimana. Il dossier più divisivo è quella che riguarda le norme per immettere in ruolo circa 55 mila precari che, senza abilitazione, lavorano da almeno tre anni nella scuola. Ma non c’è la quadra neppure sui diplomati magistrali e il percorso riservato per i direttori dei servizi amministrativi. Se i sindacati chiedono il rispetto dell’accordo sottoscritto ad aprile scorso a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte, nella nuova maggioranza non tutti la pensano allo stesso modo. E c’è chi da parte del Movimento5stelle e Italia Viva, il nuovo partito di Matteo Renzi, invoca invece discontinuità rispetto al Conte I. Escludendo i Pas, i percorsi abilitativi speciali, dal decreto legge (finirebbero in un disegno di legge) per portare avanti un concorso riservato che andrebbe incontro alle esigenze della metà della platea di potenziali interessati e il contestuale avvio di un concorso ordinario.
La parola d’ordine per Italia Viva e M5s è aprire ai giovani, salvare la meritocrazia, dire no a sanatorie. L’input che è arrivato nel corso di un vertice riservato tra lo stesso premier Giuseppe Conte, il ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti e i sottosegretari, secondo rumors parlamentari, invece è di dare seguito all’intesa raggiunta ad aprile ed evitare lo scontro con i sindacati. Quale sarà la quadra, se ci sarà, lo si apprenderà oggi. Quello che è certo è che si sta consumando il primo test di tenuta del governo Conte II.
Nell’ipotesi di decreto legge approvato salvo intese il 6 agosto scorso, sempre dal governo Conte I, ministro dell’istruzione Marco Bussetti, si prevedeva un concorso straordinario per i precari triennalisti a bassa connotazione selettiva, l’istituzione di un percorso abilitate straordinario (Pas) aperto sia ai precari che ai docenti di ruolo e la proroga in servizio per un anno dei diplomati magistrali da licenziare all’atto della soccombenza in giudizio. Al momento il nuovo articolato punta ad attivare con urgenza solo il concorso riservato, ma in forma più rigorosa, aggiungendo anche il concorso ordinario prima non previsto in via d’urgenza. Per la tornata concorsuale saranno messe in palio circa 51 mila cattedre a fronte delle circa 150 mila disponibili.
Sul concorso ordinario nulla quaestio. La selezione, salvo sorprese dell’ultima ora, seguirà le regole attualmente vigenti: accesso con titolo di studio + i 24 Cfu, eventuale prova preselettiva, scritto e orale. I 24 cfu (o cfa) sono quelli previsti dall’articolo 5 del decreto legislativo 59/2017. Vale a dire: 24 crediti formativi universitari o accademici acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in ciascuno di almeno tre dei seguenti quattro ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e tecnologie didattiche.
Il nodo da sciogliere riguarda, invece, il concorso riservato. La gara sarà comunque riservata ai precari triennalisti, ma avverrà in modo del tutto nuovo: con una selezione in ingresso ed una alla fine. Al concorso si accederà senza preselezione e con il solo titolo di studio unito al requisito del servizio, ma la selezione sarà in due tempi. Il primo step consisterà in una prova scritta computer-basic. E cioè da svolgere su postazioni informatiche messe a disposizione dall’amministrazione in sede di concorso. Che consisterà nella soluzione di test sulla cui natura non è stata ancora resa nota alcuna informazione. Chi supererà questa prova sarà assunto in prova per un anno.
Ma il percorso di formazione sarà rafforzato. In pratica dovrebbero essere previsti adempimenti più gravosi rispetto a quelli ordinariamente destinati ai neoimmessi in ruolo. E al termine dell’anno scolastico i docenti in formazione dovranno sostenere una prova davanti al comitato di valutazione della scuola, del quale farà parte un non meglio specificato esperto esterno. La prova dovrebbe consistere nella simulazione di una lezione. Solo all’esito positivo di quest’ultima prova il docente dovrebbe ottenere la conferma in ruolo.
Nulla di fatto, invece, per la questione dei percorsi abilitanti speciali. Il governo Conte II non avrebbe alcuna intenzione di procedere con un decreto legge. Come invece riteneva di procedere l’esecutivo Conte I. L’ipotesi sulla quale starebbero lavorando i tecnici di viale Trastevere è quella di un disegno di legge. Dunque, di un provvedimento più articolato, da elaborare in tempi più lati. Che dovrebbe passare al vaglio delle commissioni e delle rispettive aule di camera e senato. Le resistenze in atto nella maggioranza sembrerebbero fondate sul fatto che i concorsi, allo stato attuale, hanno valore abilitante. E non vi sarebbe alcuna urgenza di adottare i Pas per decreto legge. Di qui l’inesistenza dei caratteri di necessità ed urgenza tipici della decretazione d’urgenza.
Nel decreto legge sarà contenuta una soluzione per agevolare le redistribuzione su tutto il territorio nazionale degli idonei e dei vincitori dei concorsi a cattedra già svolti (2016 e 2018), che non siano ancora riusciti a ottenere l’immissione in ruolo. A questo proposito il governo avrebbe intenzione di prevedere la possibilità di consentire loro di chiedere l’inserimento nelle graduatorie di merito di una seconda provincia rispetto a quella dove risultino già inclusi. Resta ancora da vedere se l’inserimento nella seconda provincia avverrà a pettine oppure in coda alla graduatoria già esistente.
La prima sconvolgerebbe gli equilibri consolidati nelle graduatorie già formate; la seconda non avrebbe, invece, alcuna conseguenza sulle posizioni acquisite. Facciamo un esempio. Poniamo che un docente risulti inserito nella graduatoria di una provincia con un punteggio alto e che in un’altra provincia siano stati già assunti docenti con un punteggio più basso. Qualora il docente interessato decidesse di chiedere l’inclusione anche nell’altra provincia, se ciò avvenisse a pettine, scavalcherebbe tutti i docenti già in graduatoria che attendano ancora l’assunzione.
Per contro, se l’inserimento avvenisse in coda, i docenti già in graduatoria, con minore punteggio, verrebbero immessi in ruolo prima di quest’ultimo. La questione non è di poco conto. In caso di inserimento a pettine, infatti, tale inserimento andrebbe a ledere l’interesse di soggetti con posizioni già consolidate. E ciò potrebbe sfociare nell’ennesimo contenzioso seriale. Va detto subito che, derivando da una norma primaria, la misura, per essere modificata, necessiterebbe addirittura di un intervento diretto della Corte costituzionale. Ma il rischio sussiste. Meno rischiosa, invece, è la soluzione dell’inserimento in coda. Che non andando a ledere posizioni consolidate, consentirebbe la redistribuzione delle risorse umane, su base volontaria, su tutto il territorio nazionale, andando a coprire anche le disponibilità dei territori più pingui perché più densamente popolati.
Ancora da definire la richiesta avanzata dai sindacati di un concorso riservato ai direttori dei servizi generali e amministrativi facenti funzione. Si tratterebbe di circa 3100 soggetti, che stanno svolgendo tale funzione anche in attuazione dell’intesa sottoscritta tra il ministero e i sindacati il 12 settembre scorso. I sindacati hanno chiesto una soluzione legislativa anche per questo problema, ma il governo non sarebbe intenzionato ad accogliere questa richiesta. Va detto subito, peraltro, che la copertura dei posti vacanti di Dsga da parte degli assistenti amministrativi, così come previsto dall’intesa, è una soluzione transitoria. Perché dal prossimo anno i posti potranno essere regolarmente coperti da Dsga vincitori del concorso ordinario appena svolto o in corso di svolgimento.

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