Il problema della governabilità del nostro Paese, uscito dalle elezioni del 4 marzo
L’esito della consultazione ha visto restringersi lo spazio del PD, con un simmetrico successo del Centro-destra (ma soprattutto della Lega) e del Movimento 5 Stelle, creato da Beppe Grillo come catalizzatore del dissenso ma attestato dal suo attuale capo politico, Luigi Di Maio, su posizioni di dichiarata responsabilità istituzionale e disponibilità ad assumere l’incarico di formare il governo.
L’insuccesso del PD spinge questo partito, per il momento, a sfidare le altre due forze a risolvere il problema del governo, ma la prospettiva di un accordo tra Centro-destra e M5S su un programma condiviso sembra davvero impraticabile perché le distanze sono abissali soprattutto sulla politica economica, con le contrapposte strategie della flat tax (che favorirebbe i ceti medio-alti del Nord) e del reddito di cittadinanza (che è stato alla base del forte successo del M5S nel Sud dei poveri e dei disoccupati).
Ma anche su altri terreni, come quello della politica scolastica, le proposte sono incompatibili, a partire da quelle riguardanti il finanziamento delle scuole paritarie: da eliminare per il M5S (salvo che per gli asili nido e la scuola dell’infanzia), da aumentare e rendere identico a quello delle scuole statali per il Centro-destra, utilizzando la formula del costo standard.
La Lega e il M5S, usciti vincitori dalle elezioni, rischiano di perdere il dopo-elezioni. Salvini e Di Maio si sono autocandidati alla presidenza del Consiglio, ma non hanno i numeri per fare un monocolore e non possono allearsi per l’incompatibilità dei programmi. Per il momento sono aspiranti presidenti di governi immaginari.
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