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16 Agosto 2019

La crisi costa cara alla scuola

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2 April 2019

Nei prossimi giorni si definirà il destino del governo. Tutte le misure che restano al palo

di Alessandra Ricciardi

È stato uno dei pomi della discordia tra Lega e M5s. Hanno impiegato due preconsigli e due consigli dei ministri per arrivare a un’approvazione del decreto legge Salvaprecari nella formula all’acqua di rose del «salvo intese». Che significa che c’era un titolo ma non un articolato, ancora tutto da definire per trovare l’accordo tra i due partner di governo. L’uno, la Lega, che aveva previsto nel testo in ingresso che ci fosse un concorso riservato e una nuova abilitazione speciale senza test preselettivi, così da venire incontro all richieste dei sindacati e dell’Unione europea e valorizzare il servizio dei precari, circa 50 mila gli interessati; dall’altra parte i pentastellati, contrari a una selezione basata solo sull’esito delle prove e priva di test in ingresso, una sanatoria, era l’accusa, visto che avrebbe avuto gran peso proprio il servizio dei docenti che avevano lavorato da precari nella scuola pubblica. Con la crisi di governo innescata dal vicepremier e ministro dell’interno, il leghista Matteo Salvini, quell’intesa è ormai impossibile da trovare. E i precari restano al palo.

Un appello a salvare il decreto è giunto in coro dai sindacati della scuola. Ma il provvedimento, mai giunto al Quirinale per la controfirma del capo dello stato, Sergio Mattarella, e meno che mai dunque pubblicato in Gazzetta Ufficiale, difficilmente sarà ripescato da un esecutivo istituzionale, se il parlamento dovesse decretare che esiste un maggioranza diversa rispetto all’attuale in grado di traghettare il Paese verso nuove elezioni.

La crisi di governo mette in stand-by anche altri provvedimenti, dalla cancellazione della chiamata diretta alla costituzione di collegi stragiudiziali per risolvere le controversie di lavoro con i presidi senza andare davanti al giudice, e poi le agevolazioni per consentire ai docenti vittime dell’algoritmo di avvicinarsi alle famiglie.

In sicurezza invece le assunzioni di circa 53 mila nuovi docenti a tempo indeterminato per le quali il ministro dell’istruzione, università e ricerca, il leghista Marco Bussetti, ha ottenuto l’autorizzazione dal ministero dell’economia e poi la firma in consiglio dei ministri proprio alla vigilia della crisi. Così come i fondi per l’edilizia scolastiche e gli investimenti per le infrastrutture universitarie, 400 milioni già cantierizzabili.

Sul fronte dell’università e della ricerca, in salvo il decreto sul fondo di finanziamento ordinario delle università, il primo che premia sia i risultati migliori rispetto agli indicatori fissati che i tassi di crescita rispetto alle posizioni iniziali (si vedano le anticipazioni di ItaliaOggi del 30 luglio scorso), e poi il Piano triennale per lo sviluppo degli atenei e i nuovi Prin, i progetti di ricerca di interesse nazionale. Tutti hanno incassato il consenso del mondo universitario rappresentato dalla Crui, la conferenza dei rettori delle università italiane, e dal Cun, il consiglio universitario nazionale.

In stand-by invece la riforma dei dottorati, con l’apertura al mondo della ricerca anche privata ed industriale, e il Piano nazionale della ricerca. Definiti e pronti per la firma, il decreto sulla Vqr, la valutazione della qualità della ricerca con il ridimensionamento della discrezionalità dell’Anvur, e la Nuova abilitazione scientifica nazionale, che elimina il ricorso alle riviste di fascia A come da tempo chiedeva il settore. Su tutti pesa la spada di Damocle della crisi di governo.

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