13 Giugno 2019
Scuola, 70mila posti a concorso. Ma per i giovani la cattedra è un miraggio
di Claudio Tucci
Se c’è un merito che accomuna Valeria Fedeli e Marco Bussetti è quello di aver avuto il coraggio di superare le varie, e costose, abilitazioni e riformare il sistema di reclutamento degli insegnanti aprendo le porte dei concorsi ai giovani laureati, seppur dopo il conseguimento di 24 crediti formativi in materie antro-psico-pedagogiche. Con questa riforma, attuata in più tappe, da ultimo lo scorso dicembre in legge di Bilancio, si è sancito un radicale cambio di passo nelle modalità di selezione dei professori nelle medie e nelle superiori, con l’obiettivo dichiarato in decine di interviste di ringiovanire il corpo docente, visto che oggi l’età media in cattedra è oltre 51 anni, al top nel pubblico impiego (e probabilmente nel mondo). Ebbene, tutto questo, accadeva a cavallo tra il 2017 e fine 2018. Sapete quanti concorsi con le nuove e innovative regole sono stati banditi fino a oggi? Nessuno. Nonostante migliaia di laureati stanno correndo per ottenere i 24 Cfu.
I precari storici
Il perché è presto detto. Il precedente governo e questo in carica hanno dovuto affrontare due “patate bollenti”. In autunno la protesta dei diplomati magistrali ante 2001/2002, che hanno chiesto un posto fisso in virtù di un titolo ritenuto dai giudici abilitante. Parliamo di maestri e maestre. La soluzione, per loro, è stata un concorso riservato per 12mila posti, a oggi ancora in corso. Ieri, con la firma di un accordo con i sindacati, si è data la stessa risposta a un’altra categoria storica di docenti precari, quelli non abilitati, con almeno 36 mesi di servizio alle spalle. Per loro, la soluzione “innovativa” partorita dal Miur è l’ennesimo concorso riservato, più un nuovo percorso abilitante (senza numeri di posti) che li aiuterà ad arrivare stabilmente in cattedra e nel frattempo ad accedere alle supplenze annuali dalle graduatorie di seconda fascia, oltre che ad insegnare nelle paritarie. Non paghi di tutto ciò, i sindacati hanno chiesto, e come sempre ottenuto, che a questi percorsi abilitanti (si chiameranno Pas) potessero partecipare anche i docenti già di ruolo (che per esempio vogliono ottenere altra abilitazione) e i dottori di ricerca. Ma non si era deciso di abbandonare la strada dei percorsi abilitanti, ordinari o speciali che siano?
L’eterno ritorno dei concorsi riservati
L’accordo di ieri con i sindacati prevede anche un’altra cosa: il Miur ha da tempo chiesto l’autorizzazione a bandire un concorso da 48mila cattedre a medie e superiore dove applicare le nuove regole pro-giovani. Ebbene, questa selezione si ferma, e si sdoppia. Poco più di 24mila posti andranno all’ennesimo concorso straordinario e abilitante sempre appannaggio di chi ha più di 36 mesi di servizio alle spalle. Questa “selezione” sarà extra light: la graduatoria finale, cioè, sarà determinata assicurando un preminente rilievo ai titoli di servizio, oltre che in base al punteggio attribuito ad una prova scritta, da svolgere al computer, per la quale sarà prevista una soglia di punteggio minimo, nonché a una prova orale non selettiva.
Gli ulteriori 24mila posti (dell’originaria selezione da 48mila) dovrebbero – condizionale d’obbligo – andare a un concorso ordinario, con le nuove regole: vale a dire per laureati in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina vigente, fra cui 24 crediti formativi in ambito antropo-psico-pedagogico e metodologie e tecnologie didattiche. Insomma, tra questi due concorsi “sdoppiati” e un nuovo concorso ordinario per infanzia e primaria da altri 17mila posti, si bandiranno, in autunno, complessivamente concorsi per quasi 70mila posti nella scuola. Il punto è che per i giovani ci saranno, come al solito, le briciole.
Il nodo delle supplenze oltre i 36 mesi
Un’ultima considerazione sulle nuove abilitazioni Pas che tra pochi mesi partiranno. Il governo Conte ha cancellato il divieto di assegnare supplenze oltre i 36 mesi, limite Ue, e già l’Europa ha acceso un faro sulla questione. Consentendo di accedere alle supplenze sostanzialmente a tutti e senza limiti temporali, non si rischia di tornare a ingrossare le file del precariato storico anziché debellarlo definitivamente? A maggior ragione, adesso, che si riconosce un nuovo canale per ottenere l’abilitazione (non il posto diretto). Un esempio chiarisce, più di tante parole, la delicata questione. Matteo Renzi, nel 2015, stabilizzò 86mila precari, annunciando di aver svuotato le Gae (le graduatorie a esaurimento). Sapete quanti precari ci sono ancora iscritti oggi nelle Gae? Oltre 70mila. Non solo non si sono chiuse, ma sono aumentate. E così non stupirà se il prossimo anno, magari un prossimo governo, deciderà di bandire l’ennesimo concorso sanatoria per i precari. Con buona pace dei tanti giovani che vorrebbero insegnare, ma il cui corridoio d’ingresso resta strettissimo.

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