COMUNICATI

29 Dicembre 2020

Scuola in presenza non per tutti

La decisione della Salute fino al 15 gennaio. Poi il nuovo dpcm. Le regole del Cts

di Alessandra Ricciardi e Emanuela Micucci

Le scuole superiori nel 2021 riapriranno con metà ragazzi in classe e metà a casa. Certamente nella prima settimana, dal 7al 15 di gennaio. Poi si vedrà con il nuovo decreto che dovrà essere emanato dalla presidenza del consiglio dei ministri. A precisarlo è l’ordinanza del ministero della salute del 24 di dicembre, trasmessa dallo stesso dicastero dell’istruzione ai dirigenti scolastici in pari data. Non più dunque lezioni in presenza per il 75% dei ragazzi, come prevede il dpcm in vigore, ma per tutti al 50%, una previsione «inderogabile», scrive il capo dipartimento istruzione, Max Bruschi, nella nota di accompagnamento,«il prezioso lavoro che tutti avete svolto per rispettare il 75 per cento è, di fatto, rinviato per la sua attuazione». La previsione di ridurre la presenza in classe è frutto dell’intesa raggiunta nella conferenza delle regioni, alla luce dei tavoli con i prefetti per rimodulare il servizio dei trasporti pubblici e consentire anche negli orari di punti una capienza al 50% sui mezzi, così da ridurre i rischi di contagio. Più mezzi, meno ragazzi e ingressi scaglionati, un mix che non ha convito il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, pronto a sfilarsi e lasciare la didattica online per il 100% , «decideremo in base ai dall’andamento dei contagi, oggi non riapriamo niente», ha detto. Dati che saranno decisivi anche per la prosecuzione dell’anno scolastico su tutto il territorio nazionale. Ad ieri, l’ipotesi ritenuta probabile è che la ricetta del 50% in presenza e 50% on line prosegua almeno per tutto gennaio.

Sciolto in nodo dei trasporti, restano tutte le altre indicazioni da attuare, alcune delle quali messe sul tappeto già prima dell’avvio dell’anno scolastico, a settembre, dal Cts. Come il ricorso di massa ai test antigenici rapidi per studenti e personale scolastico, così da isolare subito i contagi ed evitare inutili quarantene. Lo aveva ripetuto il 9 novembre il Cts nel rispondere ad alcuni quesiti del ministero dell’istruzione, utili proprio in vista della riapertura delle scuole a gennaio: test antigenici rapidi in caso di «un sospetto diagnostico», ma anche «per accelerare la diagnosi di casi sospetti di covid-19» e «per i contatti stretti asintomatici di un caso confermato positivo». Mentre se il contatto stretto è sintomatico «la prima scelta diagnostica» è il test molecolare con tampone.

Medici o personale sanitario, inoltre, dovrebbero intervenire d’urgenza direttamente in classe per effettuerai tamponi attraverso le unità mobili, previa autorizzazione del genitore. Per gli alunni allergici che presentano sintomi assimilabili al Covid-19, è il pediatra o il medico di base a giudicare opportuno o meno l’esecuzione del test diagnostico. Mentre, se non è uno studente a manifestare sintomi febbrili ma un suo familiare convivente, l’alunno può andare a scuola «fino al risultato del test diagnostico effettuato sul convivente sintomatico e, se positivo, dovrà fare la quarantena». Tuttavia, il Cts precisa che se la sintomatologia del convivente è «fortemente sospetta per Covid-19, nell’attesa dell’effettuazione del test diagnostico, appare opportuno che l’alunno si astenga dal recarsi a scuola e attenda l’esito del tampone del convivente». Un’opportunità che però è lasciata alla volontà dei singoli.

Il Cts interviene anche sulla presenza di uno studente con sintomi da Covid-19, spiegando che «in caso di sintomatologia compatibile con covid-19 e/o temperatura corporea superiore a 37,5°C l’alunno non può essere riammesso a scuola» e il pediatra o il medico di base «richiede tempestivamente il test diagnostico e lo comunica la dipartimento di prevenzione». Test che dovrebbero avere la priorità rispetto ad altri. Il Cts chiarisce che basta un solo sintomo, ad esempio un raffreddore, anche senza febbre oltre 37,5°C, ad allontanare uno studente da scuola e che il medico dovrà prescrivere comunque il test diagnostico. Se si tratta invece di un’altra patologia «lo studente rimarrà a casa fino a guarigione clinica» e il pediatra «indipendentemente dal numero di giorni di assenza» redigerà una attestazione che l’alunno può rientrare a scuola «poiché è stato seguito il percorso diagnostico-terapeutico e di prevenzione per Covid-19».

Il Cts ne approfitta anche per chiarire che sul dpcm del 3 novembre, quello che ha istitutivo le fasce gialle, arancioni e rosse, non ha espresso nessun parere.

Anche se il decreto reca per due volte l’indicazione «Sentito il Comitato Tecnico Scientifico sui dati monitorati». Nel verbale del 9, il Comitato tecnico scientifico puntualizza che il Cts «fin dalla emanazione del decreto, non ha ricevuto l’aggiornamento dei dati epidemiologici relativi all’evoluzione della pandemia e del monitoraggio della fase di transizione con i relativi dati di pertinenza delle regioni e delle province autonome… in assenza dei dati, il Cts non ha potuto esprimere alcun parere di competenza».

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