E’ stato approvato un emendamento alla manovra, prima firmataria Maria Marzana (M5S)
di Claudio Tucci
Il tema del tempo pieno, in particolar modo, nella scuola primaria è, da tempo, sotto i riflettori dei governi, soprattutto per il forte squilibrio territoriale. I due eccessi sono Milano e Palermo. Nel capoluogo lombardo il 90% circa dei bambini della primaria può frequentare la scuola anche nel pomeriggio. In quello siciliano la stessa percentuale scende al 4/5 per cento. Secondo gli ultimi dati del Miur, nel 2017/2018, le classi di scuola primaria in Italia erano 130.462. Di queste, adottavano il tempo pieno 43.804, vale a dire il 33,6% del totale (dieci anni prima, nel 2007-2008, si superava di poco il 24 per cento). Le restanti 86.658 classi hanno funzionato, essenzialmente, a 27 ore settimanali, in parte a 30. Insomma, le 40 ore settimanali, con servizio mensa e rientro pomeridiano, restano in Italia una minima parte.
Eppure questo servizio (il tempo pieno) è molto richiesto dalle famiglie in sede di iscrizione dei figli alle prime classi. Qui l’ultimo dato Miur è del 2017, iscrizioni all’anno scolastico 2017/2018. Ebbene, alla scuola primaria il 57% delle famiglie ha preferito il tempo scuola “ordinario” (27-30 ore settimanali) mentre il 40% ha optato per il tempo pieno di 40 ore settimanali. La scelta dell’orario scolastico varia territorialmente: a Sud è più alta la richiesta di tempo pieno in Molise e in Calabria (56% e 54% delle domande, rispettivamente), al centro in Toscana (56%) e a Nord in Liguria (51%). Più omogenee sono state, invece, le richieste nel caso della scuola media, dove l’85,3% delle famiglie si è indirizzato su un orario di 30 ore settimanali. Il punto è che molte di queste richieste, soprattutto al Sud, non vengono poi accolte dalle scuole per impossibilità di attivare classi a tempo pieno.
Secondo i sindacati, la Cisl Scuola in particolare, l’implementazione di 2mila insegnanti in più per garantire il tempo pieno è una primissima azione. In base ai loro calcoli per garantire da Milano a Palermo il tempo pieno servirebbero poco più di 43mila docenti aggiuntivi. I 2mila in più garantirebbero, nel 2019, circa 4mila classi aggiuntive (bisognerà vedere dove allocate). Il fatto è che, per garantire il tempo pieno, oltre ai docenti, bisogna considerare il fabbisogno aggiuntivo di collaboratori scolastici – il cui organico, già oggi insufficiente, è fermo da anni – in modo da assicurare assistenza e vigilanza per un arco di tempo maggiore. «Senza contare inoltre – chiosa Maddalena Gissi (Cisl Scuola) – che il tempo pieno, per essere organizzato, richiede l’attivazione di servizi di supporto (in primis la mensa) da parte dell’ente locale, con un impegno certamente non indifferente e del quale, ahimé, per ragioni diverse si stenta a cogliere segnali».
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Share on Social Media x facebook pinterest email “La dispersione scolastica è classista: a scuola non vanno i figli di poveri, degli immigrati, quei ragazzi che hanno meno cultura in famiglia, che non respirano quel clima, ed è più alta negli istituti professionali, rispetto ai licei: l’Italia non può non porsi questo tema”.