4 Giugno 2019
Tempo pieno, ritardo massimo
Decreto approdato dopo tre mesi in Conferenza unificata, che ora chiede tavolo al Miur
di Emanuela Micucci
Corsa contro il tempo per incrementare di 2 mila posti il tempo pieno alla scuola primaria. Con circa tre mesi di ritardo è approdato, giovedì scorso, in Conferenza Unificata lo schema di decreto del Miur sulle modalità per aumentarlo, così come previsto dalla legge di Bilancio 2019 che però stabiliva l’emanazione del decreto entro l’inizio di marzo. Parere favorevole quello espresso della Conferenza Unificata, perché la norma prevede un aumento dell’organico di 2 mila docenti nella primaria per potenziare l’offerta del tempo pieno nelle scuole primarie.
Tuttavia al Miur arriva anche un richiamo: i criteri di riparto dei posti a livello nazionale sia secondo le regioni sia secondo la Conferenza Unificata non rispondono all’obiettivo di incrementare davvero il tempo pieno secondo i fabbisogni territoriali espressi dagli enti locali. Di qui la richiesta al Miur di un tavolo per condividere questi criteri dal prossimo anno. Richiesta, tra l’altro, già ribadita in passato al ministero dell’istruzione. Dai rappresentanti di M5S in Commissione Cultura della Camera era arrivata la previsione del ricorso per la ripartizione dei posti al criterio perequativo e non demografico, basato cioè sulla popolazione studentesca.
L’aumento dell’organico sarebbe cioè stato frutto di una valutazione che avrebbe tenuto conto anche del gap tra Nord e Sud nell’offerta del servizio del tempo pieno, nell’ottica di un miglioramento delle situazioni più critiche. Metà dei posti previsti, 941, sono destinati al Sud, concentrati in tre regioni: Campania, Sicilia e Puglia. Mentre 729 docenti in più per il tempo pieno si avranno al Nord, con in testa Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. Circa la metà dei 330 insegnati previsti nel Centro saranno destinati al Lazio, seguito dalla Toscana. Tuttavia, aumentare le ore della scuola il pomeriggio significa anche avere a scuola locali da adibire a mensa, che in Sicilia, la regione italiana con al percentuale minore di tempo pieno, il 14,7%, mancano. Né le famiglie siciliane mostrano di essere interessate al servizio.
Il numero di richieste arrivate alle scuole durante le iscrizioni, infatti, non consentono di istituire altre classi di tempo pieno. Così il 39% di tutte le cattedre assegnate nelle primarie della regione verranno restituite al Miur. Così, i posti non assegnati in Sicilia prenderanno la strada delle regioni del Nord e del Centro, dove il servizio già copre la metà delle classi funzionanti, come nel Lazio (53%), in Lombardia (53%) e in Piemonte (48%). È, infatti, caduta nel vuoto, anche la richiesta dei sindacati di potenziare il tempo pieno già attuato pur di salvare le cattedre nella regione. Si tratta di un problema analogo a quello presentatosi nei primi anni Novanta quando entrò in vigore la legge 148 con l’obbligo di far funzionare le classi anche per almeno due pomeriggi alla settimana. Allora una circolare ministeriale stabilì in via provvisoria che si sarebbe potuto concentrare tutto nell’orario antimeridiano: dalle 8,30 alle 14.

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