Il Miur intenzionato ad anticipare gli effetti dei ddl Pittoni e Granato già nel contratto
di Marco Nobilio
Gli ambiti territoriali vanno in soffitta. È quanto è emerso nella prima riunione di contrattazione sulla mobilità a domanda (trasferimenti e passaggio di ruolo e di cattedra). Che si è tenuta a viale Trastevere il 23 ottobre scorso tra i rappresentanti del ministero dell’istruzione e dei sindacati firmatari del contratto: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams. All’apertura del tavolo negoziale l’amministrazione ha informato le organizzazioni sindacali dell’intenzione dell’esecutivo di abolire la chiamata diretta e gli ambiti territoriali introdotti dal precedente governo con la legge 107/2015.
I rappresentanti del ministero dell’istruzione hanno fatto riferimento ai due disegni di legge (AS753 e AS763) presentati, rispettivamente, dal presidente della VII commissione istruzione del senato, Mario Pittoni (Lega) e dalla senatrice del Movimento 5 stelle, Bianca Laura Granato. Entrambi i provvedimenti, infatti, prevedono espressamente l’abolizione della chiamata diretta. E quindi l’amministrazione intende conformarsi all’intenzione del governo omettendo di prevedere il trasferimento e la titolarità su ambito territoriale. Va detto subito, però, che il disegno di legge Pittoni non prevede espressamente l’abrogazione delle disposizioni della legge 107/2015 che istituiscono gli ambiti, ma solo la cancellazione della chiamata diretta. L’abrogazione delle disposizioni sugli ambiti, infatti, è prevista solo nel disegno di legge Granato.
Ma la cessazione della chiamata diretta dovrebbe portare con sé anche l’abolizione del sistema degli ambiti che ne costituisce il presupposto. Oltre tutto è prassi che, in presenza di più proposte di legge sulla stessa materia, in sede di discussione parlamentare si giunga a un testo unificato. Tanto più che, in questo caso, i due disegni di legge non sono in contrasto tra loro e l’unificazione dovrebbe risultare abbastanza agevole in commissione. A maggior ragione se si considera che le due proposte di legge sono diretta espressione dei due partiti di maggioranza e che l’abolizione della chiamata diretta è espressamente prevista nel contratto di governo.
Nel corso della trattativa le organizzazioni sindacali hanno chiesto all’amministrazione di ripristinare la situazione precedente alla legge 107/2015. Vale a dire: ripristinare la cosiddetta fase comunale della mobilità dando la possibilità ai docenti di esprimere anche le preferenze sintetiche comprendenti i vari comuni. Così come accadeva prima dell’avvento della riforma della Buona scuola. La cancellazione della chiamata diretta, infatti, farebbe venire meno la necessità di indicare il codice dell’ambito, perché i movimenti avverrebbero direttamente sulle istituzioni scolastiche.
È bene precisare che la cancellazione definitiva degli ambiti potrà avvenire solo all’esito del processo legislativo in atto. Ma siccome la validità del contratto sulla mobilità di quest’anno avrà durata triennale, è necessario che l’accordo risulti coerente con le modifiche legislative che la maggioranza intende adottare. In caso contrario le clausole negoziali in esso contenute risulterebbero in contrasto con le nuove disposizioni. E ciò potrebbe determinare difficoltà interpretative, errori e contenzioso anche seriale. Nel corso della discussione l’amministrazione ha ribadito che l’acquisizione della titolarità sull’istituzione scolastica comporterà l’impossibilità, per i docenti, di accedere ai trasferimenti e ai passaggi per tre anni.
Le organizzazioni sindacali, però, hanno fatto presente che tale vincolo non dovrebbe assumere rilievo per i trasferiti d’ufficio, ma solo per i docenti che dovessero ottenere l’accoglimento della domanda di mobilità volontaria. In ogni caso, la cancellazione degli ambiti dovrebbe determinare la reintegrazione del diritto, sempre per i docenti, di esprimere tutte le preferenze previste dal modulo di domanda anche sulle singole istituzioni scolastiche.
È stato chiesto, inoltre, di ripristinare i codici dei comuni, dei distretti e delle province, così da consentire agli insegnanti interessati di avvalersi pienamente del ripristino delle 3 fasi della mobilità: comunale, provinciale e interprovinciale. Così come avveniva prima della riforma Renzi.
Le organizzazioni sindacali hanno anche chiesto all’amministrazione di prevedere un modulo unico di domanda, valevole sia per la mobilità all’interno della provincia che per la mobilità tra province diverse. Nei prossimi incontri saranno definiti gli ulteriori dettagli. Tra le varie questioni da dirimere vi è anche quella della differente valutazione dei servizi preruolo nella fase della mobilità a domanda e in quella della mobilità d’ufficio.
Nella mobilità a domanda, infatti, già nelle precedenti tornate il servizio preruolo e quello di ruolo erano stati equiparati fissando in 6 punti per anno scolastico la valutazione di un anno di servizio a prescindere da fatto che fosse stato prestato prima o dopo l’immissione in ruolo. Non così, invece, ai fini della mobilità d’ufficio., dove il preruolo viene valutato la metà.
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